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FINALITÀ DIDATTICHE

A.D. CENTRO STUDIO KARATE SPORTIVO

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OBIETTIVI DI LAVORO

Le problematiche dell’avviamento allo sport in una società sportiva sono le stesse che deve affrontare la scuola dell’obbligo, sia pure con un approccio un po’ diverso, in quanto i praticanti sono gli stessi. Ciò comporta identità di vedute, ma alcune differenze nella programmazione, che necessariamente tiene conto delle scelte fatte dai ragazzi.

La FIJLKAM, differenziando, adattando e modulando i contenuti delle discipline federali, vuole contribuire allo sviluppo completo ed armonico della personalità dei giovani, favorendone le iniziative ed aiutandoli a conquistare la propria identità.

Gli stimoli proposti, distinti, progressivi e graduali, vengono predisposti secondo itinerari metodologici commisurati all’età.

I programmi federali delineano, una pratica pre-sportiva e sportiva, divertente e sicura, che si pone come:

  • percorso di benessere psico-fisico da assumere quale costume culturale permanente;
  • mezzo per lo sviluppo delle capacità motorie e delle funzioni cognitive;
  • opportunità di espressione e socializzazione nonché di confronto;
  • momento di partecipazione attenta, motivata ed impegnata nel rispetto delle regole.

L’alfabeto motorio del Karate è costituito da una vasta gamma di azioni di difesa e di attacco. Per acquisire tale complesso di abilità motorie specifiche, sono necessari adeguati pre-requisiti funzionali e strutturali e capacità motorie ben sviluppate. Sostanzialmente diventa di fondamentale importanza l’effettuazione di un lavoro a carattere generale prima che possa iniziare la fase di apprendimento dello specifico. Va tuttavia segnalato il fatto che il Karate per le sue precise valenze educative concorre efficacemente alla formazione ed allo sviluppo di carattere generale poc’anzi indicato, in quanto l’esecuzione delle tecniche determina lo sviluppo ottimale ed equilibrato delle capacità motorie, in particolare di quelle coordinative.
Onorare il concetto di educazione motorio-sportiva significa guidare il giovane verso la propria realizzazione nell’ambito della specialità prescelta ed eventualmente, verso l’impegno agonistico.

FASI SENSIBILI

Nessuna capacità motoria può essere allenata nella stessa misura a qualsiasi età, ma esiste un’arco di tempo particolarmente favorevole per il suo allenamento chiamata Fase sensibile. Non si possono dare età precise, perchè l’età cronologica è diversa dall’età biologica e perchè esistono differenze tra i sessi, ma sicuramente allenando la stessa capacità al di fuori della fase sensibile non si ottengono gli stessi risultati, perchè non sono state sfruttate appieno tutte le potenzialità disponibili. Altra considerazione importante è che fase sensibile non significa lavoro esclusivo e unilaterale per il miglioramento di quelle esclusive classi di compiti, ma un’accentuazione, un maggior lavoro su quelle capacità rispetto ad altre.

Nella fascia d’età scolare sono in Fase Sensibile le Capacità Coordinative e quindi le Abilità Motorie che ne seguono la stessa formazione, la Rapidità, la Forza Rapida e Resistente, la Resistenza Aerobica e Anaerobica Alattacida, la Mobilità Articolare.

E’ assolutamente proibito lavorare per lo sviluppo di Forza Massima e Resistenza Anaerobica Lattacida.

LE CAPACITÀ COORDINATIVE

Le capacità coordinative sono la capacità di organizzare e controllare il movimento. La fascia d’età 6-12 anni è la fase sensibile per la loro formazione: in genere però occorre indirizzarsi al loro sviluppo già in età prescolare. Vari ricercatori hanno stabilito che circa il 75{477613a1988d004e5b1bcffeef426fa7b03e5a643b8f1cc28a1bbcde33542a44} dell’intero sviluppo delle capacità coordinative nei soggetti di sesso femminile viene raggiunto a 10 anni ed in quelli di sesso maschile a 12 anni. Dopo questa età, di regola, c’è un rallentamento del loro sviluppo fino ad una stasi. Per la loro formazione è decisiva la quantità e la qualità dell’attività svolta. Molti bambini ritenuti maldestri non nascono tali: “lo diventano perchè hanno avuto poche possibilità di svilupparsi autonomamente e perchè la loro motricità è stata repressa dall’ambiente umano” (Israel).

LE SPECIALITÀ DEL KARATE E LE CAPACITÀ COORDINATIVE

La complessità del codice motorio del karate e delle situazioni di applicazione, necessita di un’ampia base coordinativa su cui potersi strutturare, ed il suo miglioramento consente a sua volta lo sviluppo delle capacità coordinative stesse.

Più le situazioni sono variate, quanto più grande è il numero delle abilità apprese, più il giovane può imparare meglio la tecnica e renderla disponibile in situazioni motorie diverse. Se la preparazione di un giovane è rivolta solo all’apprendimento di poche tecniche ricercandone la semplice automatizzazione, quando questa tecnica dovrà essere applicata in modo diverso, ad esempio durante un rapido spostamento o in equilibrio precario, il giovane non riuscirà ad applicare la tecnica che ha automatizzato – in modo statico e ripetitivo – per mancanza di controllo del movimento in fasi variabili.

IL KARATE E LA SCUOLA ELEMENTARE

I programmi ministeriali della scuola elementare indicano le seguenti finalità della Educazione Motoria:

  • promuovere lo sviluppo delle capacità relative alle funzioni senso-percettive cui sono connessi i procedimenti di ingresso e di analisi degli stimoli e delle informazioni;
  • consolidare e affinare, a livello concreto, gli schemi motori statici e dinamici indispensabili al controllo del corpo e alla organizzazione dei movimenti;
  • concorrere allo sviluppo di coerenti comportamenti relazionali mediante la verifica, vissuta in esperienze di gioco e di avviamento sportivo, dell’esigenza di regole e di rispetto delle regole stesse sviluppando anche la capacità di iniziativa e di soluzione dei problemi;

Nella loro articolazione i Programmi Ministeriali alla voce obiettivi e contenuti pongono molta attenzione all’interazione individuo-ambiente tramite il movimento, in quanto meccanismo fondamentale per lo sviluppo dell’individuo e sottolineano il fatto che il movimento si può educare per mezzo di adeguate strategie

“ … Il movimento si sviluppa, come qualsiasi altra funzione della personalità, in un rapporto continuo con l’ambiente, attraverso comportamenti modificati dall’esperienza, mentre la sua educabilità passa attraverso i meccanismi di percezione, coordinazione, selezione ed esecuzione presenti in qualsiasi azione motoria intenzionale … ”

Possiamo constatare che le finalità dell’ Educazione Motoria e quelle della pratica del Karate sono coincidenti in quanto, per apprendere qualsiasi tipo di abilità specifica bisogna sviluppare adeguatamente le funzioni neuro-psico-motorie utilizzando gli schemi motori fondamentali, che consentono al giovane di entrare in relazione con l’ambiente, per spostare in seguito l’attenzione verso l’alfabetizzazione motoria specifica. La gestualità che contraddistingue il Karate, può essere utilizzata come mezzo per lo sviluppo delle funzioni sopra menzionate, in quanto la pratica si effettua a carico naturale, l’alfabeto motorio specifico stimola lo sviluppo delle coordinazione segmentaria e delle funzioni senso-estero-propriocettive, e quindi sviluppa e struttura efficacemente lo schema corporeo.

I principali obiettivi menzionati dai programmi riguardano:

  1. percezione, conoscenza e coscienza del corpo;
  2. coordinazione oculo-manuale e segmentaria;
  3. organizzazione spazio-temporale;
  4. coordinazione dinamica generale.

Oltre agli obiettivi menzionati la pratica del Karate consegue al punto b) anche la coordinazione oculo-podale, che nelle azioni effettuate con gli arti inferiori stimola notevolmente lo sviluppo della coordinazione segmentaria e dinamica generale, in quanto movimenti finalizzati a uno scopo e realizzati in equilibrio monopodale.

Alla voce indicazioni didattiche i Programmi Ministeriali sottolineano aspetti della progettazione didattica e della psicopedagogia che vanno affrontati con la massima attenzione, in quanto di fondamentale importanza per il successo di qualsiasi intervento educativo e formativo nell’ambito delle attività motorio-sportive…

“ … Le attività motorie, per essere funzionali e influire positivamente su tutte le dimensioni della personalità, devono essere praticate in forma ludica, variata, polivalente, partecipata, nel corso di interventi di opportuna durata e con differenziazioni significative a seconda delle varie fasce d’età. In una prospettiva realmente formativa, acquistano in tal senso rilevanza tutte le attività polivalenti (percorsi, circuiti, ecc.) ed i giochi di squadra con regole determinate dagli alunni o assunte dall’esterno … ”

IL GIOCO

E’ la motivazione primaria per cui il bambino pratica uno sport, si potrebbe quasi dire che le due parole siano per lui sinonimi.

Il gioco è una dimensione essenziale dell’uomo connessa all’affettività, alla creatività, all’intellettualità, alla socialità. Tutti giocano, piccoli e grandi, ma in particolare per il bambino è una necessità vitale, è l’attività principale attraverso la quale si esprime spontaneamente, manifesta i suoi interessi, il suo modo di interpretare la realtà, le sue esigenze, verifica le sue conoscenze, i suoi limiti, afferma la sua indipendenza, sviluppa la propria capacità di realizzazione e la sua creatività. Giocando il bambino esercita le sue funzioni motorie, percettive, intellettuali, psichiche preparandosi così inconsciamente ai compiti della vita adulta.

Da questo sintetico quadro è evidente che il significato che noi diamo a questa parola è solamente una definizione data dagli adulti. In realtà per il bambino non c’è distinzione tra gioco e non gioco nelle sue attività. E’ quindi un compito dell’educatore far giocare il bambino per facilitare le sue esperienze individuali e collettive affinchè esprima la sua personalità; il gioco diventa così un’occasione per conoscere meglio il carattere, la personalità, le capacità ed i bisogni del fanciullo.

GIOCO E SVILUPPO SOCIALE DEL BAMBINO

Ai bambini piace giocare assieme ad altri compagni. A piccoli o a grandi gruppi, improvvisati o organizzati da adulti, i bambini cercano sempre qualcuno con cui potersi misurare e confrontare per verificare i propri mezzi fisici, le proprie capacità, ricercare appropriate strategie motorie per risolvere le situazioni, per gareggiare, per emergere.
Tramite il gioco già a questa età si iniziano a vivere i primi valori etici (lealtà, generosità, collaborazione), ci si sforza di attenersi a delle regole o norme di comportamento collettive, si cominciano a sacrificare i desideri e motivi personali a quelli del gruppo, nascono i primi “leader” di cui si seguono o si imitano i comportamenti, si accettano critiche al proprio modo di fare, si sperimentano sentimenti di amicizia, di amore, di odio, di tolleranza, ecc.

GIOCO E COMPETIZIONE

Sul piano della socializzazione, la competizione riveste un’importanza primaria, perchè essa esige la strutturazione progressiva del gruppo, il rispetto di regole accettate da tutti, sviluppa una morale non proveniente dall’esterno, ma nata dall’attività comune. Per di più, nell’età scolare, l’amicizia e la stima dei coetanei molto spesso si basa sulle abilità dimostrate nelle attività comuni.

La competizione è per il fanciullo un gioco che corrisponde ad un bisogno di affermazione di sè: le gare quindi devono avere come obiettivo il superamento dei propri limiti, la dimostrazione della propria bravura, il controllo delle abilità acquisite. Tuttavia c’è il rischio che il bambino si ispiri a modelli propri dell’adulto trasformando la competizione in rivalità per cui nasce il desiderio di imporsi, di vincere sempre, di sopraffare l’altro. In ciò è importante il ruolo dell’adulto, da lui dipende se la competizione rimane un naturale modo di espressione del bambino e quindi un Mezzo per esprimere le sue potenzialità o diventare il Fine di un’attività tutta incentrata sull’agonismo e quindi volta al successo, alla vittoria e al conseguimento del risultato.

IL KARATE E LA SCUOLA MEDIA DI PRIMO GRADO

I Programmi Ministeriali per l’insegnamento dell’Educazione Fisica nella scuola media riprendono concetti e finalità espressi precedentemente a livello di scuola elementare, ma che necessitano di uno sviluppo adeguato a questa fase dell’età evolutiva.

“… Gli aspetti concorrenti dell’insegnamento dell’educazione fisica sono: la coscienza della corporeità; l’ordinato sviluppo psico-motorio nel quadro del pieno sviluppo della personalità; la valorizzazione di un ambito privilegiato per lo svolgimento di esperienze formative di vita di gruppo e di partecipazione sociale .. ”

GIOCO E SVILUPPO SOCIALE DEL BAMBINO

  • potenziamento fisiologico;
  • consolidamento e coordinamento degli schemi motori di base;
  • l’attività motoria come linguaggio;
  • avviamento alla pratica sportiva.

Passando in rassegna gli obiettivi formulati dai programmi si può constatare come appaiano ex novo il potenziamento fisiologico (resistenza, forza, rapidità, mobilità articolare), l’attività motoria come linguaggio, ovvero il corpo come mezzo di comunicazione e l’avviamento alla pratica sportiva. Il potenziamento organico si può considerare la necessaria premessa alla pratica sportiva, e il linguaggio motorio specifico è il mezzo che viene usato sui campi di gara.

Per quanto concerne l’avviamento alla pratica sportiva vale la pena di sottolineare come le finalità ultime configurino già da parte degli alunni la interiorizzazione di determinati valori e l’adozione di comportamenti ispirati al fair play, l’acquisizione di permanenti abitudini di vita ecc.

“ … l’azione educativa ha lo scopo di contribuire alla formazione della personalità degli alunni e a porre le basi per una consuetudine dello sport attivo, inteso come acquisizione di equilibrio psico-fisico nel quadro dell’educazione sanitaria. Lo sport scolastico tende alla disciplina interiore, alla padronanza del corpo, alla formazione e all’affinamento di condotte motorie personali. Il rispetto che deve sempre pretendersi delle regole dello sport o del gioco – siano esse codificate o liberamente concordate – tende ad imprimere una consuetudine di lealtà e di civismo che non può esaurirsi nell’ambito della lezione e della scuola. L’avviamento allo sport comporta naturalmente forme di competizione fra gli alunni. Ciò induce a chiarire che l’agonismo, inteso come impegno a dare il meglio di se stessi nel confronto con gli altri, rientra nella logica dell’educazione e perciò della scuola. Ciò comporta l’acquisizione da parte degli alunni di una coscienza critica nei confronti di comportamenti estranei alla vera essenza dello sport, come la ricerca del risultato a ogni costo, o l’assunzione di atteggiamenti divistici. Infatti una prestazione o una vittoria hanno significato solo in quanto rappresentano il segno di una conquista su se stessi o il frutto di un impegno liberamente assunto e tenacemente perseguito … ”

IL PROGETTO KARATE

Il Karate, rivisitato con gli strumenti critici della scienza (fisiologia, biomeccanica, psicologia, pedagogia, metodologia ecc.), e proposto in termini metodologicamente adeguati, è sia un efficace strumento per conseguire gli scopi propri dell’educazione motoria, che uno strumento in grado di formare capacità che vanno oltre l’ambito motorio, per sviluppare la facoltà di effettuare operazioni  a carattere cognitivo tempestive, efficaci, creative in un contesto dove la situazionalità è il tratto caratterizzante. L’interiorizzazione di valori e l’adozione di comportamenti ispirati al concetto di fair play e altamente sociali, consentono così una pratica che diventa sempre più gratificante, con il progredire delle competenze motorie.

La metodologia dell’insegnamento è stata adeguata alle esigenze dei praticanti in età scolare, così come i programmi federali e le prove agonistiche. Insegnare il Karate nel nostro Club significa avere chiare finalità e precisi obiettivi da conseguire, che in estrema sintesi si possono riassumere:

  1. sviluppo delle Capacità Cognitive, intese come capacità individuali di interagire efficacemente con l’ambiente nel quale si opera, e come capacità di modificare progressivamente i propri comportamenti sulla base di esperienze precedenti. All’interno di capacità cognitive generali vengono sviluppate le abilità cognitive specifiche, che vengono attivate durante la pratica del Karate, vale a dire l’insieme di competenze cognitivo-motorie proprie del praticante.
  2. sviluppo delle Capacità Motorie :
    • Coordinative, ovvero la capacità di organizzare i segmenti del corpo nello spazio e nel tempo;
    • Condizionali, ovvero dipendenti da fattori energetici (rapidità, forza, resistenza).
  3.  acquisizione delle abilità motorie specifiche del Karate. Trattandosi di uno sport situazionale il comportamento tattico (capacità cognitive generali e specifiche) riveste  fondamentale importanza, conseguentemente la capacità di percepire, capire, decidere e agire tempestivamente in ogni situazione viene posta in primissimo piano.

SPECIALIZZAZIONE PRECOCE E MULTILATERALITÀ

I programmi di allenamento giovanile hanno per scopo la preparazione a lungo termine in vista della vera e propria prestazione, che dovrà essere raggiunta in un periodo successivo.

Uno degli errori in cui si è maggiormente incorsi in passato, è stato quello di considerare il fanciullo come un adulto in miniatura che differisce dall’individuo maturo solo per parametri quantitativi. Il fanciullo è invece qualcosa di molto complesso e delicato che necessita di cure e attenzioni adeguate alla sua età. E’ quindi impensabile applicare automaticamente le regole del movimento praticato dagli adulti con il solo accorgimento di ridurre i carichi di lavoro; è sbagliato specializzare precocemente il bambino attendendoci dei risultati sportivi specchio dell’attività dell’adulto, perchè la specializzazione precoce può si portare a dei buoni risultati nel medio termine, ma nel lungo periodo decadono.

Il primo obiettivo dell’attività giovanile deve essere l’espressione di tutte le possibilità motorie fino a farle diventare un ampio serbatoio di movimenti partendo dal quale, successivamente, possono essere apprese più facilmente, rapidamente e razionalmente le tecniche sportive. Quando un allievo inizia ad allenarsi bisogna valutare il suo livello motorio e non la sua età cronologica, quindi anche un fanciullo di 12 anni deve essere coinvolto in un allenamento multilaterale di base, anche se ha cominciato ad allenarsi solo a questa età, esattamente come farebbe un fanciullo di 7 anni che ha cominciato ad allenarsi alcuni anni prima. Però l’allenamento di base avrà contenuti e scopi diversi perchè un bambino di 12 anni disporrà sicuramente di un maggior bagaglio di esperienze e capacità motorie e quindi gli scopi di questo allenamento potranno essere raggiunti in minor tempo. Tuttavia è sempre importante che questa tappa non sia saltata.

Il rischio opposto a quello della specializzazione precoce è quello di un allenamento eccessivamente generalizzato nel tempo, che non è indirizzato a degli obiettivi specifici.

DIFFERENZE TRA ALLENAMENTO GIOVANILE E DI ALTO LIVELLO

  • la fondamentale differenza riguarda il concetto di “prestazione” intesa non come risultato da conseguire in gara, bensì come espressione dell’insieme delle capacità individuali. La gratificazione per il bambino è costituita dall’acquisizione dell’obiettivo capacità-abilità prefissato, vale a dire dalla percezione dei propri progressi nella capacità di “prestazione relativa” in quel momento, all’interno del processo di costruzione di quella più elevata. Le cinture colorate sono il mezzo per far riconoscere al bambino i suoi progressi nel processo di apprendimento.
  • l’allenamento giovanile è imperniato sul conseguimento di una rapida elevazione del volume del carico. Nell’allenamento di alto livello si lavora sull’intensità del carico.
  • i giovani atleti apprendono e consolidano le qualità tecniche acquisendo un ampia base di abilità. Nell’elevata prestazione si ha il perfezionamento e la stabilizzazione delle abilità tecniche specifiche.
  • nell’allenamento giovanile si apprendono le basi tattiche e si acquisisce esperienza di gara. L’atleta di alto livello è volto al conseguimento della “maestria sportiva”.

IL RUOLO DELL'ADULTO

Ritengo opportuno puntualizzare l’importanza del ruolo dell’adulto nella formazione del fanciullo, che non deve essere semplicemente un tecnico, ma un Educatore che ha conoscenza di tutte le problematiche connesse al mondo giovanile, che deve essere in grado di porsi allo stesso livello del fanciullo, che deve essere creativo, motivato e coinvolto emotivamente nel lavoro che sta facendo affinchè il bambino sia facilitato nell’espressione delle sue capacità e potenzialità e più ricettivo nell’acquisizione di nuove conoscenze.

La comunicazione dell’adulto con il bambino si attua attraverso:

  • la dimostrazione, perché i bambini imparano per imitazione;
  • la partecipazione, cioè il coinvolgimento dell’adulto nelle proposte di lavoro e nei giochi;
  • l’ attenzione nei confronti di tutti, perché tutti ne hanno bisogno;
  • l’ approvazione per ciò che stanno facendo, sia sul piano tecnico che comportamentale;
  • la correzione degli errori. Piuttosto che correggere continuamente dando delle direttive, è preferibile variare e differenziare i compiti, affinchè il bambino comprenda da solo come arrivare al risultato voluto;
  • la comunicazione non verbale, cioè gli sguardi, le espressioni, gli atteggiamenti, la voce. Sono tutte sfumature che i bambini colgono e valutano al di là delle parole;
  • la collaborazione con i genitori che hanno bisogno di capire ciò che si sta facendo e che hanno delle aspettative legittime.

LA MOTIVAZIONE

E’ un fattore fondamentale nell’educazione globale del fanciullo. Senza un’adeguata motivazione tutte le proposte dell’adulto risulteranno sterili e inefficaci.

La motivazione è strettamente legata all’attività ludica che, come abbiamo visto, occupa uno spazio di grande importanza nello sviluppo del bambino. In effetti la giocosità attraverso cui si realizza la formazione presportiva di base è un fattore primario di motivazione perchè quando il fanciullo percepisce ciò che deve fare come un gioco, l’ansia e la preoccupazione del riuscire a superare una prova si attenuano e l’apprendimento è facilitato.

L’adulto deve far propria questa motivazione ludica ed inserirla permanentemente nel suo rapporto con i bambini. Affinchè egli sia un educatore e non semplicemente un tecnico, dovrà essere in grado di porsi allo stesso livello del fanciullo, dovrà coinvolgersi, perchè questo è motivo di coinvolgimento e di partecipazione per il bambino.

Quindi ” l’animatore ha una parte attiva e determinante sia nel creare dei “perchè” a situazioni altrimenti non motivabili, sia per motivare altre situazioni che rischierebbero di arenarsi sul “come” del gesto tecnico ” (Fabbri E.).

RIEPILOGO CONCLUSIVO

  • Il bambino è una individualità psico-fisica con caratteristiche proprie e non può essere trattato come un “piccolo uomo”;
  • L’adulto deve essere sempre consapevole che la sua opera educativa influenza direttamente la formazione psicofisica del fanciullo contribuendo alla valorizzazione della sua personalità.
  • L’adulto ha il compito di favorire l’espressione della personalità del bambino, educandolo e non solo addestrandolo tecnicamente;
  • L’attività motoria-sportiva deve essere inserita in un contesto di gioco, divertente e appagante;
  • L’attività deve essere progressiva, continuata nel tempo, variata ed attentamente dosata;
  • La fascia di età 6-14 anni è quella fondamentale per la costruzione del futuro atleta di alto profilo;
  • NO alla specializzazione precoce, ma attività Multilaterale e Polivalente;
  • NO alla gara e al risultato come scopo dell’allenamento ma come uno dei Mezzi dell’allenamento;
  • SI allo sviluppo delle Capacità Coordinative e quindi delle Abilità Motorie che ne seguono la stessa formazione, la Rapidità, la Forza Rapida e Resistente, la Resistenza Aerobica e Anaerobica Alattacida, la Mobilità Articolare;
  • NO alla Forza Massima e Resistenza Anaerobica Lattacida.